Nella puntata di questa settimana parliamo finalmente di uno dei nostri giochi più attesi per questo 2022: Sifu. Un gioco che riporta in auge i picchiaduro a scorrimento con una meccanica accattivante e ben strutturata. A ogni morte non sopraggiungerà il game over, bensì un invecchiamento del personaggio che porterà con sé bonus e malus. Da un lato, diventare più vecchi significa maturare, migliorare le proprie tecniche diventando più forti. Ma dall'altro, ne consegue una naturale perdita di vigore, che si traduce in una barra dell'energia più bassa.
È la prima volta che vediamo una meccanica del genere in un videogioco e dobbiamo ammettere che l'implementazione è davvero ben riuscita. Alla fine è una sfaccettatura dei rogue-lite, in cui morire significa ricominciare da capo, ma in questo caso è come se si avesse una possibilità in più. Il risultato è un picchiaduro che, a differenza di quanto visto in passato, non annoia, è sfidante e dà delle soddisfazioni incredibili. Il bello di Sifu non è soltando la sua meccanica di invecchiamento, ma anche il sistema di combattimento. Richiede padronanza dei controlli, conoscenza dell'avversario e una buona dose di riflessi per bloccare i colpi al nostro indirizzo. In tutto questo, Sifu riesce anche a interpretare molto bene la disciplina del Kung Fu, attenendosi a un buon grado di realismo che rende il tutto molto simile ai film di Bruce Lee dei vecchi tempi.
A farci da cicerone per raccontare le qualità di Sifu troverete Salvatore "Il Conigliastro", podcaster ormai veterano che potete ascoltare anche nei podcast Carcassa - un podcast che tratta i film horror in tutte le loro varianti - e NG+ Italia, uno dei podcast (insieme al nostro) più longevi a tema videogiochi.
Di tutt'altra pasta è invece Ghostwire: Tokyo, l'ultimo gioco di Tango Gameworks uscito in esclusiva console su PS5 e disponibile anche su PC. È un gioco in cui domina il folklore nipponico e che, proprio grazie a questa componente riesce a catturare tutti gli appassionati di Giappone in generale. Non è come Yakuza, che usa il contesto realistico per allestire vicende altrettanto verosimili. In Ghostwire: Tokyo è tutto surreale, fuorché la città. Vedremo Shibuya e le sue insegne luminose che si riflettono sulle strade bagnate completamente deserte, perché tutte le persone sono sparite a causa di una misteriora nebbia.
Questo è l'incipit per un gioco che punta tantissimo sull'atmosfera e su tutto l'immaginario prettamente nipponico che per noi occidentali risulta sì inconsueto ma nondimeno affascinante. Avremo a che fare con yokai - ovvero gli spiriti - da catturare, ragazzine inquietanti senza testa in divisa scolastica pronte ad attaccarci a suon di calci volanti, uomini d'affari col loro completo e ombrello che si avvicineranno mostrano la loro testa senza volto e molto altro ancora. Per sopravvivere dovremo usare i poteri conferitici da KK, uno spirito che possiederà il nostro corpo e con cui dovremo imparare a convivere.
Certo è che senza di lui saremmo già morti da un pezzo, visto che ci dà la possibilità di usare poteri soprannaturali come la tecnica della tessitura. E qui si apre uno dei punti deboli del gioco, che a fronte di mosse incredibilmente sceniche con le mani mostra un gameplay poco interessante e fin troppo ripetitivo. Non è un problema insormontabile, perché il gioco rimane godibile, ma la sensazione di avere per le mani qualcosa di riuscito solo a metà c'è tutta. Anche sul fronte della realizzazione tecnica non tutto convince appieno. Ci sono tante modalità grafiche, ma nessuna riesce a soddisfare fino in fondo, perché ci sono cali di frame e problemi di tearing molto frequenti.
Riuscirà la sola atmosfera e voglia di esplorare a compensare le altre mancanze? Dipende tanto da quanto vi piace il Giappone e le sue strane tradizioni.
Buon ascolto e buona visione!