Metroid Dread e In Sound Mind

Quante volte vi è capitato di giocare a qualcosa che sapevate benissimo non fosse il migliore del suo genere, ma andavate avanti lo stesso? A volte capita perché ci facciamo prendere dall'atmosfera, oppure dalla storia, o ancora dai personaggi. Oppure semplicemente vogliamo andare avanti per vedere come va a finire. Non si vive di soli tripla-A, lo diciamo ormai da parecchio tempo. E spesso i giochi considerati minori non è detto che non riescano a dare delle belle sensazioni. Prendiamo ad esempio Deadly Premonition: un gioco con una grafica spaventosa su Xbox 360 e con dei controlli pessimi, al punto da domandarsi cosa ci facesse su una console come quella. Eppure, è stato uno dei migliori giochi a cui (io, Raffaele) abbia mai giocato. Perché il personaggio principale era così vero da sembrare quasi mio amico: nelle chiacchierate in auto col suo alter ego parlava di cinema, de Lo Squalo, di Ritorno al Futuro e di altri ancora. E quelle chiacchiere sembrava le stesse facendo con me.

In Sound Mind non arriva a quel livello, ma me lo ha ricordato molto. Un thriller psicologico realizzato da uno studio indipendente che seppur giri su PS5 fatica a mantenere una fluidità costante, senza peraltro mettere in difficoltà la console con effetti luce in ray tracing , risoluzione impossibile o altro ancora. Anche le sezioni di combattimento sono deboli, afflitte da un controllo che non sembra mai essere adeguato. Eppure è un gioco che mi ha tenuto incollato per diverse ore e, non avendolo ancora finito, sto ancora pensando a quando riuscirò ad andare avanti. Cosa mi tiene così vicino al gioco non lo so ancora: sarà l'atmosfera, le situazioni di gioco surreali date dal fatto che si entra di fatto nella testa di persone in qualche modo disturbate, oppure la storia in generale. Eppure sono qui, a pensarci ancora e a parlarvene nella puntata del podcast qui sotto.

Dall'altro lato della medaglia abbiamo un gioco universalmente acclamato dalla critica, con cui Andrea si è messo alla prova. Metroid Dread torna ai classici del genere che ha fondato - quello appunto dei MetroidVania - e a quanto pare riesce a renderlo ancora una volta un mondo in cui perdersi fino alla fine. Eppure, nonostante i 9 e i 10, non è detto che sia un gioco per tutti. Se non si ha voglia di tornare sempre sui propri passi per aprire quella porta prima inaccessibile, non ci sono medaglie che tengano: il gioco risulterà un po' troppo dispersivo. Questo a testimoniare che l'esperienza di gioco, alla fine, è sempre molto personale e se un genere non fa per sé, non sarà certo il votone della critica a farti cambiare idea.

Detto questo, è l'ora di lasciare spazio al podcast che trovate qui sotto, augurandovi come ogni settimana buon ascolto e buona visione.








    

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