Sviluppare videogiochi è un business: deve portare soldi nelle casse per mantenere viva la "baracca", dare lo stipendio ai lavoratori e reinvestire in progetti futuri.
Questo è il mondo reale, in forte contrapposizione con l'immagine ideale che molti di noi hanno stampata in testa. Quella di sviluppatori che si nutrono di idee e che producono meraviglie col solo scopo di fare del bene a noi videogiocatori incantati.
L'abbiamo messa giù dura, ma alla fine ci serve anche questo. Aprire gli occhi. Sento spesso appassionati che si lamentano del fatto che i videogiochi vengano concepiti come "prodotti da vendere". E cosa dovrebbero essere? Non è per questo che le aziende nascono? Poi, ci sono quelli che interpretano meglio il mezzo, ne arricchiscono il valore e altri che invece lo cavalcano e basta. Ma la prima cosa a cui pensano le aziende è il profitto (altrimenti metti su una onlus).
Va da sé che nel "prodotto" ci debba essere anche passione, creatività, idee, ingegno e innovazione che diano ulteriore stratificazione al tutto. Ma non può essere tutto basato sull'idea o sul genuino amore per il videogioco. Deve esserci anche una ricerca di mercato, attraverso cui guardi al tuo pubblico potenziale e a ciò che vuole (o potrebbe volere), alla concorrenza e molto altro ancora.
Sono riflessioni nate dalla chiacchierata di ieri sera con Tommaso Valentini, PR & Community Manager di 3DClouds, che ci ha raccontato un po' di dietro le quinte sul loro nuovo gioco King of Seas in uscita a maggio.
Ascolte la puntata che trovate qui sotto e fateci sapere la vostra in merito.