Maneater: lo squalo arriva su console!

Provare un gioco, secondo qualcuno, deve essere un'operazione chirurgica. Un'analisi quasi asettica e fedele alle leggi dell'oggettività che non dovrebbe mai essere violata. Eppure parlare di un videogioco non può essere soltanto ridotto a questo. Perché un videogioco è anche un'esperienza e, in quanto tale, si lascia influenzare dal proprio vissuto, dal momento, dall'età e via discorrendo. In parole povere, è impossibile escludere un certo grado di soggettività in una prova, o recensione che dir si voglia. Come si misura il divertimento? In che termini? Se i controlli funzionano? Se la grafica soddisfa? Se le meccaniche di gioco sono adeguate e sufficientemente profonde? I bambini si divertono con poco, si sa: ripeterebbero lo stesso gioco del "bubusettete" per ore e ore, senza stancarsi. Perché li diverte, perché dietro ogni levata di mani c'è un'espressione che li fa ridere, oppure perché aspettano quando quell'espressione sarà minimamente diversa rispetto a quella precedente. Ripetitività ai massimi livelli, eppure divertente.

Ma gli adulti, si sa, si stufano presto delle cose. E non possiamo certo fargliene una colpa. Come nella disciplina del salto in alto, man mano che sali di livello - ovvero man mano che cresci - l'asta viene posizionata sempre più in alto. Il salto - ovvero la soglia oltre cui andare per divertirsi - diventa più difficile, hai già visto tante, troppe cose, e ciò che non colpisce il nostro interesse difficilmente riuscirà a emergere dall'area grigia dello "scaffale".

Questa settimana è uscito Maneater. Un gioco di squali sopra le righe: si mangia (di tutto), si esplora (non mancano le iconcine sulla mappa da trovare), si evolve (i classici power up). "Been there, done that" direbbero gli inglesi. Sono meccaniche già viste in un contesto, quello dell'oceano, che potrebbe non bastare per impressionare i più. Chi lo seziona per valutarne le parti troverà una grafica ben fatta ma non miracolosa, un open world contenuto e non certo mai visto prima, un sistema di controllo e di telecamera che non sempre soddisfa e chissà quanti altri difetti da passare al setaccio.

Poi c'è la componente divertimento. E, ragazzi, con Maneater devo dire che di divertimento ne ho avuto da fare indigestione. Perché chissenefrega che il gioco non è il tripla-A blasonato e patinato quando puoi impersonare uno squalo e fare il bello e il cattivo tempo sulle coste! Combattere contro i coccodrilli che quando sei al livello 2 - uno squaletto di un metro o poco più - ti incutono timore e quando li rivedi al livello 19 gli vai vicino, gli fai "bu!" e te li mangi in un boccone! Oppure l'assurdità di saltare sulle coste a colpi di coda e andare a fare incetta di carne umana, o ancora speronare gli scafi dei cacciatori dopo che hai equipaggiato le tue pinne con un rivestimento osseo che fa danni anche solo a sfiorarle!

Ripetitivo? Certo! Derivativo (una parola sulla bocca di tutti ormai)? Puoi contarci! Divertente? Da matti! E costa 40 Euro, non i 70 dei giochi a prezzo pieno. Insomma, tante parole per dire che nella diretta di questa settimana trovate la prova di Maneater, che Raffaele ha elogiato con eccitazione perché è divertente, ma che ha trovato in Andrea uno scoglio insuperabile che l'ha derubricato a "porting di un gioco per smartphone". Ovviamente ciascuno dei due ha le proprie ragioni e magari voi stessi potrete aiutarci a capire dove sta la verità.

In tutto questo, nella puntata abbiamo anche parlato di The Persistence, un altro bel gioco che mischia meccaniche survival a quelle rogue-like. Buona ascolto e buona visione!





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