AESVI Risponde a Panorama

L'Associazione Editori Software Videoludico Italiana (AESVI) - Associazione di categoria delle principali aziende produttrici di videogiochi, di software di intrattenimento e di hardware per la fruizione dei medesimi prodotti operanti in Italia - ha inviato un comunicato in risposta a quanto descritto nell'articolo pubblicato su Panorama lo scorso venerdì.

Riporto qui di seguito il comunicato stampa per intero:
AESVI si oppone alla generica criminalizzazione dell’industria del videogioco

Andrea Persegati, presidente dell’Associazione, interviene duramente a seguito dell’articolo “Viaggio tra gli orrori del divertimento elettronico”, pubblicato nell’ultimo numero di Panorama

Milano, 13 novembre 2006 – A seguito delle recenti polemiche successive a un articolo di Panorama di venerdì 10 novembre, Andrea Persegati, presidente dell’AESVI (Associazione Editori Software Videoludica Italiana), ha dichiarato:

“Sono rammaricato per i ripetuti attacchi pretestuosi, generici e immotivati di cui è oggetto l’industria videoludica da parte dei media italiani. Le critiche rivolte a un singolo prodotto non possono diventare il pretesto per screditare un intero comparto economico che, al contrario, si è caratterizzato in questi ultimi anni per una sempre maggiore attenzione alla qualità dei prodotti immessi nel mercato.”

“Non mi risulta, infatti, di avere mai letto articoli criminalizzanti dell’industria cinematografica o letteraria basati sulla critica, anche feroce, di un singolo film o libro. Il desiderio che intendo esprimere è che l’industria che rappresento possa essere giudicata con lo stesso livello di approfondimento e obiettività dei settori sopra citati.”

“Voglio ricordare che secondo i criteri di classificazione del sistema europeo di autoregolamentazione PEGI (Pan European Game Information) adottato dall’industria nel suo complesso, oltre il 95% dei videogiochi offerti al consumatore italiano dalle aziende consociate è adatto a un pubblico di minori. La quota restante dei prodotti è classificata e segnalata per un pubblico adulto”.

“Il mio rammarico è ancora maggiore proprio in considerazione del fatto che l’industria che rappresento ha deciso autonomamente di dotarsi di tale sistema, coerentemente con la scelta di mettere al centro della propria agenda la tutela dei consumatori. La classificazione PEGI è indicata in modo visibile sul fronte e sul retro di ogni confezione. Tutte le console di nuova generazione incorporano inoltre adeguati sistemi di controllo parentale che permettono ai genitori di monitorare efficacemente l’uso dei videogiochi da parte dei figli.”

“E’ importante inoltre ricordare che il PEGI è apprezzato a livello europeo come uno strumento efficace di autodisciplina e che lo stesso Commissario Europeo alla Società dell’Informazione e i Media, Viviane Reding, lo cita come modello di armonizzazione europea nel campo della protezione dei minori, quale best practice nel settore dell’autoregolamentazione. E che sono attive in Europa iniziative sperimentali che promuovono l’utilizzo del videogioco nelle scuole come strumento di apprendimento a supporto della didattica tradizionale”.

“Sono questi gli elementi che indicano senza ombra di dubbio il senso di responsabilità di un’industria e non certamente il giudizio su un singolo prodotto. Non dimentichiamo che il videogioco è un mezzo espressivo, un’opera dell’ingegno libera e creativa. Tale libertà può in alcuni casi arrivare a produzioni discutibili o “forti” ma non per questo si può assoggettare tutta la produzione al giudizio sul singolo prodotto.”

Commenti

  1. VIDEOGIOCHI VIOLENTI: GAMERS E GAMECON RISPONDONO A PANORAMA

    Il noto settimanale di attualità e politica ha dedicato l’ultima cover ai videogiochi. Il titolo? “I nuovi videogiochi: Vince chi seppellisce viva la bambina. Viaggio tra gli orrori del divertimento elettronico.” Gamers e GameCon rispondono in via ufficiale e invitano il Direttore di Panorama a un pubblico dibattito nei giorni della manifestazione partenopea.

    Caro Direttore,
    le scrivo questa lettera in risposta all’articolo di copertina (e alla copertina stessa) dell’ultimo Panorama, “A scuola di ferocia con i videogame”. Come giornalista della stampa specializzata, direttore culturale area videogiochi di GameCon, il Salone del Gioco e del Videogioco e presidente di Gamers, società che promuove il medium videoludico come forma d’arte, non posso che essere indignato da quanto scritto sul vostro periodico.
    Anzi, contento. Vede, Direttore, quello che voi fate, dando alle stampe un reportage del genere, è pubblicizzare oltremodo i videogiochi, un mezzo di comunicazione del pensiero originale, moderno e assolutamente unico, che già da anni è assurto a forma d’arte e che si sta avviando a ripercorrere quello stesso cammino già seguito da tanti altri media demonizzati, come il cinema, i fumetti, la musica rock. Portare il Videogioco sotto i riflettori come solo la grande stampa generalista può fare, amplificata da telegiornali nazionali e grandi emittenti radiofoniche, serve alla causa dell’alfabetizzazione videoludica, sebbene l’operazione nasca sotto i foschi stendardi dell’oscurantismo e della più cieca negazione. Per questo me ne rallegro.
    Se tuttavia il desiderio è di andare oltre e parlare di contenuti, vediamo di fare chiarezza. Rule of Rose è un men che mediocre gioco horror giapponese, uscito quasi un anno addietro nel più completo disinteresse del pubblico e della critica. Perché? Per il suo scarso valore artistico e ludico. Si tratta di un prodotto di bassa lega che ha puntato tutto sui suoi contenuti forti, come infinite volte è avvenuto nella letteratura e nel cinema, senza peraltro riuscire a bucare il muro di indifferenza naturalmente eretto dalla comunità di videogiocatori, molto meno ingenua e disattenta di quanto voi possiate ritenere.
    Rule of Rose è un horror e, come tale, è vietato ai minori: il fatto che possa essere scaricato sotto forma di copia pirata da Internet o che sia venduto da negozianti poco scrupolosi e attenti nel loro lavoro, ha ben poca rilevanza, mi scusi. E poi come stupirsi che si trattino temi quali la perversione o il sadismo o che ci siano personaggi minorenni? È una storia dell’orrore, questi sono tutti elementi piuttosto comuni al genere, quale che sia il tipo di opera nel quale si manifesta. Lo stesso può dirsi delle tensioni sessuali. Stanley Kubrick ha firmato l’adattamento cinematografico di Lolita: deve di nuovo essere messo al bando? Certo che no, tanto più che si tratta di un’opera d’arte, un capolavoro. Rule of Rose un capolavoro non lo è di certo, ma ha tutto il diritto di esistere: sarà punito dal mercato e dalla critica, come infatti è avvenuto... a meno di miracolosi recuperi in terra italica, dopo la vostra straordinariamente immeritata pubblicità.
    Siccome non voglio tediarla oltre, Direttore, passo subito a dire che il fatto davvero grave è il ricordarsi che esistono i videogiochi solo quando si deve lanciare una crociata o una caccia alle streghe, prendendo spunto da un pessimo prodotto di nicchia quasi potesse rappresentare altro rispetto ai “videogiochi spazzatura”, che di certo esistono proprio come i romanzi, i film, i dipinti o qualunque altro tipo di prodotto dell’ingegno umano. Per affrontare un qualunque discorso è richiesta serietà e competenza, e occorrerebbe documentarsi correttamente. Nell’articolo pubblicato sul suo prestigioso settimanale c’è di tutto: semplici errori di traduzione (Grand Theft Auto diventa Gran ladrone d’auto), grossolani errori di interpretazione (non è vero che in certi giochi i cattivi sarebbero i buoni, è solo che i cattivi sono i protagonisti: ha mai visto Il Padrino?), generalizzazioni della peggior specie (un Grand Theft Auto e uno Yakuza sono opere che contenutisticamente parlando hanno ben poco in comune: le ricordo che sono proprio le generalizzazioni a essere alla base di ogni razzismo), semplici casi di disinformazione (Postal 2, altro titolo di pessima qualità, è un prodotto volutamente parossistico, che fa dell’ultraviolenza la sua cifra stilistica comico demenziale). Fa effetto constatare come nel frattempo, in Francia, Le Monde affronti lo stesso argomento con un servizio dal taglio leggermente diverso: “Videogiochi. E se ai bambini facessero bene?”
    Chiudo con un ironico “complimenti” alla signora Anna Serafini, Presidente della Bicamerale per l’Infanzia che, dopo aver ammesso di non saper neanche accendere una Playstation, ritiene comunque opportuno parlare di videogiochi, invece di documentarsi e rivolgersi a qualcuno che può fornirle dei dati utili.
    A conclusione di questa lettera aperta, invito lei e il signor Guido Castellano a un confronto sul tema della violenza dei videogiochi, che potrebbe aver luogo nella sede di GameCon (Napoli, 8-10 dicembre) o in qualsiasi altra da voi ritenuta più opportuna.

    Cordiali saluti.
    Marco Accordi Rickards

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